Come nasce il tuo impegno "sindacale" all'Istat?
C'è una cosa che mi fa veramente arrabbiare in questi tempi di spending review: che la spending review valga sempre e solo per quelli più in basso, io li chiamo simpaticamente "i mozzi di bordo". Certo, fuori dall'Istat c'è chi il lavoro non ce l'ha proprio, chi sta per perderlo, chi ce l'ha un mese no e l'altro forse, ma questo dramma dovrebbero ricordarselo tutti, non solo i bassi livelli. Ed è anche per una elementare giustizia che ho cominciato a darmi da fare con altri colleghi per far emergere i diritti dimenticati di 1.400 lavoratori per i quali non c'è più diritto a progredire di livello, neanche di provarci perché tutto è bloccato e per loro non c'è leggina o decreto che tenga.
Che cosa stai facendo per fare valere i diritti dei "mozzi di bordo"?
Negli ultimi tempi, grazie ad una inattesa azione dal basso, promossa attraverso una semplice mailing list, siamo riusciti a smuovere qualcosa.
La battaglia per le progressioni ha preso corpo dentro l'Istituto, ragione di più per non smettere la pressione collettiva, tutti insieme, a qualunque sindacato si sia iscritti o non iscritti.
Cosa ti ha convinto a candidarti?
Personalmente ho accolto l'invito a candidarmi come indipendente per la Flc Cgil, alla quale non sono iscritta, per l'atteggiamento che i colleghi della Flc Cgil hanno mostrato nei confronti di questa iniziativa e ancor più perché hanno condiviso la necessità di un deciso cambio di passo sulle nostre rivendicazioni. Il mio impegno personale andrà comunque in quella direzione, nel senso dell'unità, non delle divisioni, per una rappresentanza sindacale che dia voce e sostegno ai "mozzi di bordo" della nave Istat, che poi sono il grosso dell'equipaggio.