Il 23 gennaio scorso è stato depositato presso il Tribunale del Lavoro di Roma il ricorso in appello relativo alla causa intentata dai rilevatori della rete FOL contro l’amministrazione Istat, appello a cui hanno aderito 190 lavoratori; è questa l’ultima tappa di una vicenda che ha radici lontane.
La rete di rilevazione FOL venne istituita dall’Istat nel 2002 allo scopo di migliorare la qualità dell’indagine sulle Forze di Lavoro, ovvero la principale fonte informativa per l’analisi del mercato del lavoro; in quella occasione l’Istituto costituì una propria rete di rilevazione, composta da 317 intervistatori professionali, appositamente selezionati e formati, che operavano sul territorio nazionale sotto la costante e diretta supervisione dei ricercatori e tecnici Istat.
Da allora i rilevatori hanno svolto la loro attività sempre con contratti di collaborazione, prima coordinata e continuativa e poi a progetto, malgrado il carattere permanente della rilevazione e in contrasto con la normativa vigente, che dal 2005 ha fortemente limitato l’utilizzo di questa forma contrattuale nell’ambito della Pubblica Amministrazione.
Nonostante la lunga mobilitazione dei rilevatori, sostenuta dai colleghi ricercatori e tecnici del servizio forze di lavoro dell’Istat, e nonostante l’appoggio e la solidarietà espressa anche da parte del mondo accademico e scientifico, l’epilogo poco nobile della vicenda fu l’esternalizzazione della rete avvenuta nel 2009 a favore della società IPSOS, che tuttora la gestisce.
Da qui la decisione di far valere i propri diritti in sede giudiziale: l’obiettivo della causa, patrocinata dalla CGIL, è stabilire che, al di là della tipologia contrattuale adottata, il rapporto di lavoro ha avuto tutte le caratteristiche della subordinazione, essendo l’attività della rete FOL incardinata nel contesto organizzativo e tecnico dell’Istat ed essendo finalizzata all’assolvimento di una funzione core-business per l’istituto stesso.
Nel ricorso si chiede che, una volta dimostrata la natura subordinata del rapporto lavorativo, vengano corrisposte ai rilevatori le differenze retributive e contributive fra quanto realmente percepito dai rilevatori e quanto a loro dovuto.
Si richiede inoltre l’inserimento dei ricorrenti nell’organico dell’istituto, dato che questi lavoratori non hanno potuto accedere ai percorsi di stabilizzazione attivati in Istat negli anni 2007, 2008 e 2009 proprio in luce della tipologia contrattuale atipica posseduta.
Il ricorso di primo grado, avviato a luglio del 2010 e a cui avevano aderito 202 rilevatori, è stato respinto nel maggio scorso, con una sentenza piuttosto debole.
Anche alla luce dei recenti pronunciamenti della Corte di Giustizia Europea che stigmatizzano l’abuso da parte dello stato italiano di forme contrattuali a termine, si ritiene che l’esito dell’appello possa essere decisamente più favorevole e ristabilire i diritti fin qui negati ai rilevatori Fol.