Il 5 giugno si è svolto presso l’Enea un interessante convegno organizzato dal CUG (Comitato Unico di Garanzia) dell’Ente su “Esperienze di telelavoro nella PA. E l’Enea?”, in vista della sperimentazione del telelavoro da realizzare presso l’ente.
In tutti gli interventi il telelavoro è stato presentato soprattutto come un’opportunità per andare incontro alle esigenze del personale, soprattutto in alcune fasi della vita (bambini piccoli, familiari da accudire ecc.). Al contempo sono stati presentati i vantaggi del telelavoro per i datori di lavoro, in termini di maggiore produttività, minore assenteismo, risparmio dei costi di gestione, maggiore responsabilizzazione e flessibilità dei lavoratori. In tutte le esperienze sono state presentate forme di telelavoro misto, formula che, prevedendo alcuni giorni di rientro settimanale, favorisce lo scambio di informazioni e riduce il rischio di isolamento del telelavoratore.
Molti relatori hanno ricordato che il telelavoro comporta un radicale ripensamento dell’organizzazione del lavoro: è necessario infatti passare dalla valutazione della presenza fisica in ufficio alla “misurazione” del prodotto fornito. Allo stesso tempo è indispensabile rafforzare la fiducia tra lavoratori e dirigenti.
Nella relazione introduttiva a cura del CUG Enea è stato inoltre sottolineato che proprio nella particolare congiuntura economica sfavorevole in cui si trova oggi la PA il telelavoro potrebbe costituire un’occasione di risparmio.
Particolarmente significativa l’esperienza presentata dall’Inail (3% di telelavoratori sul totale dipendenti), ente in cui i progetti sono costruiti a partire da un’esigenza del lavoratore, previo accordo con il dirigente e sentite le organizzazioni sindacali. I destinatari dei progetti sono tutti coloro che in particolari momenti della vita non possono lavorare costantemente dall’ufficio.
Anche all’Inail è stato possibile ridurre l’assenteismo, il ricorso al part time e ai permessi non retribuiti. I progetti hanno una durata minima di 6 mesi e possono durare per un massimo di 30 mesi nell’arco di 5 anni. In questo modo è possibile assicurare un minimo di rotazione del personale in telelavoro: alla conclusione di un progetto, al telelavoratore ne subentra un altro.
I criteri per assegnare il personale in telelavoro sono la cura dei figli piccoli (ma in prospettiva si vuole arrivare a considerare le necessità di cura fino ai 12 anni di età), la distanza dall’abitazione, la cura dei familiari e i problemi di salute personali. Le graduatorie sono sempre aggiornate ed è possibile costituire progetti all’occorrenza. Ad oggi sono stati coinvolti in progetti di telelavoro circa 900 dipendenti, per un contingente complessivo di 335 telelavoratori, pari al 3% del personale.
Anche l’Istat ha presentato la sua esperienza, insistendo soprattutto sul successo della prima sperimentazione e sul lavoro svolto per individuare attività telelavorabili.
Gli obiettivi che hanno spinto l’istituto a sperimentare il telelavoro sono l’ottimizzazione della gestione operativa, la reingegnerizzazione dei processi, l’aumento della produttività, la responsabilizzazione dei dipendenti e la riduzione dell’assenteismo, insieme all’incremento della qualità della vita dei lavoratori. Sono stati anche individuati alcuni vincoli: il telelavoro non può essere inferiore alle 15 ore settimanali, l’attività deve essere continuativa, non possono essere coinvolti dipendenti che sono in contatto con l’utenza, il dipendente deve poter lavorare in piena autonomia, il suo lavoro non deve richiedere un contatto continuo con il dirigente. Inoltre è previsto che per uno stesso progetto sia possibile impiegare più di una unità di personale.
Inoltre, le attività svolte in telelavoro sono sottoposte a una precisa attività di monitoraggio, che ha consentito di individuare i vantaggi economici e produttivi del telelavoro. Nel caso della prima sperimentazione i principali vantaggi sono stati il risparmio dell’importo dei buoni pasto, l’aumento della presenza in servizio, l’incremento della produttività.
Nell’intervento Istat non sono state specificate in dettaglio le caratteristiche del nuovo regolamento anche se si è insistito più che in tutti gli altri interventi sul punto di vista “aziendale” relativo ai vantaggi produttivi e alla centralità del progetto di telelavoro.
In particolare si è insistito molto sul lavoro da fare presso i dirigenti, generalmente diffidenti verso questa forma di lavoro e presso cui è stato fatto un lavoro “culturale” per convincerli che il telelavoratore non è un lavoratore assente ma è soltanto un lavoratore che sta lavorando altrove.
Successivamente alcuni telelavoratori hanno presentato la propria esperienza di telelavoro in termini molto positivi. Molto interessante la testimonianza di un ingegnere elettronico del Ministero dello sviluppo economico con gravi problemi di disabilità, che grazie al telelavoro riesce a svolgere con soddisfazione il suo lavoro.
L’Enea ha poi presentato i risultati di una ricerca svolta presso il personale e i dirigenti da cui emerge con evidenza un fortissimo interesse verso la sperimentazione di questa forma di lavoro.
Nel dibattito siamo intervenuti come FLC CGIL per precisare che in Istat, dopo il successo della prima sperimentazione, la nuova graduatoria ha determinato un notevole scontento presso il personale, a causa della scelta di privilegiare la graduatoria dei progetti rispetto a quella relativa alle problematiche familiari degli oltre 50 esclusi. Abbiamo formulato anche in quella sede l’auspicio che il telelavoro venga esteso a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, proprio per massimizzare i vantaggi presentati nel corso del convegno, realizzando insieme un risparmio economico e un vantaggio per i lavoratori e per l’ambiente.
La responsabile Istat non ha ritenuto di dover replicare.
I materiali del convegno dovrebbero essere a breve disponibili.